La Sardegna è portatrice di una storia peculiare dentro la Repubblica italiana
ed è chiamata oggi a ridefinire il senso della propria autonomia speciale in un
quadro mutato. L’Italia rivede i suoi assetti istituzionali e l’Europa chiede
coesione e responsabilità di fronte alle sfide della transizione digitale,
ambientale e sociale. L’autonomia, conquistata con lungimiranza, non può
restare un principio scritto nello Statuto ma deve diventare strumento vivo,
capace di ridurre divari e garantire pari diritti.
Le elezioni per gli enti intermedi, le nuove Province e le Città metropolitane
offrono l’occasione per riflettere sul rapporto tra il capoluogo e il resto
dell’isola. Troppo spesso la Regione appare come un centro accentratore,
distante dalle esigenze dei territori e più vicina a logiche burocratiche che a
una reale capacità di programmazione. Ma la Sardegna non è solo Cagliari e
Sassari: è un insieme di territori diversi, di culture e di economie, di zone
interne e costiere, tutte con lo stesso diritto di voce e rappresentanza.
Province e Città metropolitane non devono essere viste come sovrastrutture
ma come strumenti per governare i servizi e coordinare le politiche pubbliche.
Dalla scuola alla viabilità, dal lavoro alla sanità, fino alla tutela ambientale,
questi livelli possono diventare luoghi di prossimità capaci di rispondere ai
bisogni delle comunità. Tuttavia non basta garantire la gestione quotidiana:
serve una programmazione che integri dimensione regionale e locale. La
Regione deve costruire con Province, Città metropolitane e Comuni una regia
condivisa delle priorità, così che le scelte strategiche nascano dall’ascolto e
dall’integrazione delle diverse realtà.
In questo percorso il ruolo delle parti sociali è decisivo. A partire da CGIL,
CISL e UIL, le organizzazioni dei lavoratori e delle imprese devono essere
parte attiva della definizione delle politiche. Non c’è sviluppo senza lavoro e
senza chi lo rappresenta, così come non c’è crescita senza una rete di
partecipazione che tenga insieme istituzioni, imprese e comunità. La
pianificazione regionale non può rimanere astratta ma deve diventare
progetto collettivo radicato nei territori.
Accanto al tema dell’autonomia si colloca la grande questione dell’insularità.
Dopo anni di battaglie, il suo riconoscimento è entrato in Costituzione. Ma
senza atti concreti rischia di restare solo formale. Applicare davvero questo
principio significa garantire equità nei trasporti, nella sanità, nell’istruzione e
nei servizi, significa compensare i costi aggiuntivi che gravano su imprese e
cittadini e che alimentano disuguaglianze. È un passaggio decisivo per
rendere la Sardegna competitiva e per assicurare alle nuove generazioni le
stesse opportunità del resto del Paese.
Il nuovo patto di cui l’isola ha bisogno deve tradursi in scelte chiare:
infrastrutture moderne, lavoro stabile e di qualità, sostegno all’innovazione,
sanità territoriale più forte, valorizzazione dell’ambiente e della cultura,
investimenti nella formazione e nella ricerca. Tutto questo non può essere
affrontato in modo frammentario: serve una visione che unisca istituzioni e
forze sociali in una responsabilità comune.
La sfida è evidente: non basta rivendicare, occorre governare. Non basta
scrivere nelle Carte, occorre tradurre in risultati. Autonomia, insularità e
specialità non sono slogan, ma strumenti operativi di sviluppo e coesione.
Per questo serve un’azione complessiva che coinvolga istituzioni, parti
sociali, imprese e cittadini in un progetto unitario. È il tempo di un impegno
corale che superi divisioni e ritardi, perché il futuro dell’isola non può più
attendere. La CISL Sardegna farà la sua parte con determinazione e
responsabilità, convinta che l’autonomia acquisti senso solo se vissuta come
impegno comune che cammina insieme a equità, solidarietà e
partecipazione.
“La Cisl riconosce l’importanza strategica del Piano Regionale dei Trasporti (PRT) e il merito di voler dotare, finalmente, la nostra regione di uno strumento indispensabile per programmare e realizzare un sistema di mobilità moderno. Tuttavia, riteniamo che il Piano, nella sua formulazione attuale, non esprima sino in fondo l’ambizione necessaria per garantire alla Sardegna una strutturazione infrastrutturale capace di sostenere, negli anni a venire, lo sviluppo, la coesione e il pieno diritto alla mobilità dei cittadini”. E’ la posizione del sindacato, portata oggi all’incontro con l’assessora regionale dei Trasporti, Barbara Manca, dal segretario generale Pier Luigi Ledda e dalla segretaria generale della Fit Cisl Claudia Camedda.
La priorità assoluta, per la Cisl, è la realizzazione di una dorsale ferroviaria sud–nord veloce e moderna, lungo l’asse Sulcis – Cagliari – Oristano – Sassari – Olbia, con innesto su Nuoro da Abbasanta. “Un’infrastruttura elettrificata e a doppio binario, concepita come spina dorsale del sistema dei trasporti, in grado di ridurre drasticamente i tempi di percorrenza, integrare porti e aeroporti, sostenere la logistica merci e garantire coesione territoriale. Rispetto a questa infrastruttura – hanno detto Ledda e Camedda – è indispensabile che la Sardegna chieda al Governo nazionale la predisposizione di un piano di fattibilità, nella prospettiva della sua realizzazione, così come sta avvenendo per le altre regioni meridionali”.
ALTRE PRIORITÀ INDICATE DALLA CISL
L’elenco è lungo: si va dagli investimenti sul Trasporto Pubblico Locale (TPL) alla messa in sicurezza della SS131 e interventi mirati sulle principali strade interne e provinciali (SS129, SS128, SS389, SS291/597, SS195, SS554/bis, asse Olbia–Arzachena–Santa Teresa). Ci sono poi porti e retroporti integrati, con logistica digitale; una rete aeroportuale di sistema (Cagliari, Olbia, Alghero) con accessi rapidi via TPL/ferro e una continuità territoriale stabile e sociale tutto l’anno; un trasporto merci intermodale e sostenibile, con terminali Nord–Centro–Sud e incentivi allo shift ferro–mare; una governance unitaria, con cabina di regia che includa Regione, Governo, RFI, ANAS, Autorità portuali e aeroportuali, insieme alle parti sociali.
Per Pier Luigi Ledda il PRT fotografa i problemi ma non basta, servono poche scelte coraggiose: una dorsale ferroviaria veloce e moderna, strade sicure e una continuità territoriale certa. Chiediamo cantieri veri e tempi vincolanti: ogni investimento deve tradursi in più accessibilità, meno incidenti, più sviluppo”.
“La mobilità – ha aggiunto Claudia Camedda – è un diritto dei cittadini e una condizione per la crescita. Per questo chiediamo investimenti massicci nel TPL: flotte moderne e sostenibili, coincidenze garantite treno–bus, collegamenti rapidi con porti e aeroporti. Su strade come la SS131 o la SS389 serve una svolta immediata in termini di sicurezza e manutenzione programmata”.
Il 4 settembre 2024, nel corso della manifestazione di commemorazione dell’eccidio di Bugger-ru, a cui partecipavano delegazioni di lavoratori da tutti i territori, è stato firmato con la Presi-dente Todde il Patto di Buggerru.
Una scelta chiara, non solo simbolica, che definisce azioni e risposte innovative e di qualità su questo tema drammatico, molto presente nei dibattiti: il dramma dei morti sui luoghi di lavoro e degli incidenti e infortuni. L’accordo prevede un percorso di merito e responsabilità e questo per la Cisl sarda rappresenta un valore che ci pone in sintonia con le politiche della Cisl nazionale.
E’ comunque importante richiamare il valore simbolico della firma nella data del 4 settembre, del luogo e della modalità (una firma in una piazza nel corso di un evento pubblico).
L’eccidio di Buggerru, del 1904, rappresenta una tragedia storica che ha segnato profondamen-te il mondo del lavoro, divenendo un costante monito per la giustizia sociale rivolto alle genera-zioni future in Sardegna e in Italia. Per queste ragioni ideali si è deciso di chiamarlo “Patto di Buggerru”, consapevoli dell’importanza che hanno la conoscenza e l’osservanza delle norme in materia di lavoro e previdenza sociale nella prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
Con l’accordo si è formalizzato un rafforzamento ed un’innovazione, per la Sardegna, delle pre-visioni delle forme di coinvolgimento e partecipazione delle norme nazionali, avendo una sua na-tura di governance comune e partitaria, tra Regione e sindacati, sulle azioni e sul tema delle ri-sorse.
Lo spirito dell’accordo, richiamato nella parte introduttiva, era ed è quello di articolare una serie di azioni concrete e percorribili, dentro uno schema di parole chiave molto precise; prevenzione, cultura della salute e sicurezza, rafforzamento organici, maggiore ruolo dei rappresentanti della sicurezza e dimensione della bilateralità. Sono stati specificati gli impegni precisi dei soggetti coinvolti, prima di delineare gli organismi di governo e le varie competenze.
E’ importante sottolineare che esso rappresentava e rappresenta una solida cornice, che richie-de passaggi attuativi rispetto alle previsioni. Un accordo di questo valore aveva, però, bisogno di un percorso attuativo che non c’è stato e per questi motivi, nei mesi scorsi e sopratutto oggi, la CISL sarda chiede un recupero immediato della fase attuativa e che la Regione e il Consiglio siano concretamente conseguenti con gli impegni finanziari e attuativi del Patto.
Il 4 settembre 2024, nel corso della manifestazione di commemorazione dell’eccidio di Bugger-ru, a cui partecipavano delegazioni di lavoratori da tutti i territori, è stato firmato con la Presi-dente Todde il Patto di Buggerru.
Una scelta chiara, non solo simbolica, che definisce azioni e risposte innovative e di qualità su questo tema drammatico, molto presente nei dibattiti: il dramma dei morti sui luoghi di lavoro e degli incidenti e infortuni. L’accordo prevede un percorso di merito e responsabilità e questo per la Cisl sarda rappresenta un valore che ci pone in sintonia con le politiche della Cisl nazionale.
E’ comunque importante richiamare il valore simbolico della firma nella data del 4 settembre, del luogo e della modalità (una firma in una piazza nel corso di un evento pubblico).
L’eccidio di Buggerru, del 1904, rappresenta una tragedia storica che ha segnato profondamen-te il mondo del lavoro, divenendo un costante monito per la giustizia sociale rivolto alle genera-zioni future in Sardegna e in Italia. Per queste ragioni ideali si è deciso di chiamarlo “Patto di Buggerru”, consapevoli dell’importanza che hanno la conoscenza e l’osservanza delle norme in materia di lavoro e previdenza sociale nella prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
Con l’accordo si è formalizzato un rafforzamento ed un’innovazione, per la Sardegna, delle pre-visioni delle forme di coinvolgimento e partecipazione delle norme nazionali, avendo una sua na-tura di governance comune e partitaria, tra Regione e sindacati, sulle azioni e sul tema delle ri-sorse.
Lo spirito dell’accordo, richiamato nella parte introduttiva, era ed è quello di articolare una serie di azioni concrete e percorribili, dentro uno schema di parole chiave molto precise; prevenzione, cultura della salute e sicurezza, rafforzamento organici, maggiore ruolo dei rappresentanti della sicurezza e dimensione della bilateralità. Sono stati specificati gli impegni precisi dei soggetti coinvolti, prima di delineare gli organismi di governo e le varie competenze.
E’ importante sottolineare che esso rappresentava e rappresenta una solida cornice, che richie-de passaggi attuativi rispetto alle previsioni. Un accordo di questo valore aveva, però, bisogno di un percorso attuativo che non c’è stato e per questi motivi, nei mesi scorsi e sopratutto oggi, la CISL sarda chiede un recupero immediato della fase attuativa e che la Regione e il Consiglio siano concretamente conseguenti con gli impegni finanziari e attuativi del Patto.
La Sardegna ha attraversato, tra il 2014 e il 2024, un decennio di cambiamenti significativi sul
piano economico e sociale. Alcuni dati mostrano segnali incoraggianti: il tasso di disoccupazione,
che dieci anni fa sfiorava il 19%, oggi è sceso all’11%; il numero degli occupati ha superato le
592mila unità, con un incremento di circa 14mila persone in un anno. Un progresso importante, che
porta il tasso di occupazione al 57,7%, ma che lascia ancora l’Isola al di sotto della media nazionale, oggi superiore al 67%.
Anche i redditi dichiarati, sia da lavoro che da pensione, sono aumentati. Eppure, dietro questi
numeri, si nasconde una realtà più complessa. I lavoratori dipendenti sardi guadagnano mediamente
19.850 euro l’anno, contro i 23.290 della media nazionale: un gap del 15% che continua a pesare sul
tenore di vita delle famiglie. Non va meglio sul fronte europeo: in gran parte dei Paesi dell’Unione i
redditi netti superano i 29mila euro, molto più che in Italia e ancor di più in Sardegna.
Il dato forse più sorprendente riguarda le pensioni: con una media di 19.690 euro, esse sono ormai
quasi equivalenti ai redditi da lavoro dipendente. Questo paradosso segnala due aspetti. Da un lato,
le pensioni hanno garantito una relativa stabilità alle famiglie, soprattutto nei momenti di crisi.
Dall’altro, evidenziano la debolezza del lavoro in Sardegna, che non sempre riesce a rappresentare
un vero strumento di emancipazione sociale.
La crescita dei redditi non è stata sufficiente a compensare l’aumento del costo della vita. Molte
pensioni minime restano sotto i 700 euro al mese, e anche i salari bassi rischiano di non coprire le
spese quotidiane, aggravando diseguaglianze già profonde.
Di fronte a questa situazione, la CISL Sardegna sottolinea che il prossimo bilancio della Regione
non può limitarsi a una gestione ordinaria. Servono scelte coraggiose e mirate per invertire la rotta.
Tra le proposte avanzate spiccano: un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile,
con incentivi alle imprese che assumono stabilmente; il rafforzamento delle politiche attive del lavoro e della formazione, per accompagnare i disoccupati verso nuove opportunità; investimenti in infrastrutture materiali e digitali, indispensabili per superare l’isolamento dell’Isola; un sostegno alla contrattazione territoriale per agganciare la crescita salariale alla produttività.
Non meno importante, secondo la CISL, è l’utilizzo strategico dei fondi europei, che devono essere vincolati a progetti in grado di creare occupazione stabile e duratura. Sul fronte sociale, la priorità va alla tutela delle pensioni medio-basse, con interventi che salvaguardino il potere d’acquisto e rafforzino i servizi alla persona.
Ma l’azione non può esaurirsi sul fronte regionale. La CISL collega le proprie richieste in Sardegna a quelle portate avanti a livello nazionale: il rinnovo dei contratti collettivi, ancora bloccati in troppi settori, e la riduzione strutturale del cuneo fiscale e contributivo sono due leve fondamentali per ridare potere d’acquisto ai lavoratori, rilanciare i consumi e sostenere la crescita economica. Solo con un’azione coordinata tra governo nazionale e Regione si potrà davvero incidere sul divario salariale e occupazionale che penalizza l’Isola.Il decennio 2014–2024 lascia dunque un bilancio ambivalente: la Sardegna è cresciuta, ma meno del resto del Paese e molto meno dell’Europa. “Occorre un patto per lo sviluppo fondato su lavoro, salari e pensioni dignitose – afferma il segretario generale della CISL Sardegna, Pier Luigi Ledda –.
Solo così potremo colmare i divari storici e garantire un futuro di crescita sostenibile e inclusiva, facendo della Sardegna non una terra di margine, ma una regione protagonista nel Mediterraneo e in Europa”.
Daniela Fumarola: “Le regole pensionistiche si cambiano insieme al sindacato: no a fughe in avanti o proposte agostane unilaterali utili forse ad animare il dibattito mediatico ma non a costruire il clima adatto a riforme eque e durature. La Cisl chiede di aprire subito un confronto per affrontare la materia in modo serio, organico e strutturale. Non è lanciando dichiarazioni fumose che si affronta un tema tanto delicato. La via giusta passa per un tavolo che metta in priorità innovazioni nel segno dell’inclusione e della flessibilitá. Vuol dire pensione di garanzia per i giovani, rafforzamento di opzione donna, estensione dell’ape sociale, superamento strutturale della logica delle ‘quote’ e dell’adeguamento automatico dei requisiti pensionistici, forti sostegni e incentivi per lo sviluppo della previdenza complementare e rafforzamento dei trattamenti in essere. In vista della Legge di Stabilità è urgente e necessario aprire il confronto al Ministero del lavoro. Bisogna trovarsi in un perimetro comune e condiviso di interventi, o si contribuirà solo ad aumentare incertezza e tensione sociale”.
Intervento di Pier Luigi Ledda – Segretario generale CISL Sardegna
Alla ripresa autunnale, la Sardegna sarà chiamata a decisioni cruciali. Il tema dell’energia, con l’atteso DPCM energia e il ruolo del gas metano come fonte di transizione, si intreccia con il futuro dell’industria isolana. Sono due facce della stessa medaglia: senza una politica industriale chiara, la transizione energetica non avrà basi solide; senza un sistema energetico sicuro e sostenibile, l’industria non potrà ripartire.
Industria: servono certezze
Le proroghe alle centrali a carbone di Fiume Santo e Portovesme hanno evitato un vuoto energetico insostenibile. Ma non possono essere considerate soluzioni definitive. La Sardegna ha bisogno di una roadmap precisa: tempi della transizione, ruolo delle imprese locali, garanzie occupazionali. Continuare a gestire emergenze senza un disegno complessivo significa rinunciare a costruire futuro.
Sul tavolo restano troppe incognite:
• Portovesme Srl: ipotesi di nuovi investitori, ma nessun piano industriale concreto.
• Sider Alloys: incertezza tra proprietà attuale e possibili nuovi soggetti, ancora senza credibilità.
• Chimica verde a Porto Torres: annunci e prime risorse, ma assenza di progetti vincolanti.
• Euroallumina: si attende il via libera al DPCM e lo sblocco dei beni congelati, ma la ripartenza produttiva è ancora un punto interrogativo.
La Sardegna non può più vivere di annunci. È urgente sapere chi investe, con quali risorse, in quali tempi e con quali ricadute sul lavoro.
Gli incontri a Roma
Da settembre si aprirà una nuova fase di confronto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Sarà il momento di verità: non più tavoli interlocutori senza esiti, ma un passaggio che deve produrre impegni vincolanti da parte di governo e aziende.
La CISL chiede che la Regione non si presenti isolata o divisa, ma che vi sia una linea comune con governo e parti sociali. Solo così sarà possibile affrontare con efficacia i nodi che bloccano il futuro industriale dell’isola.
Una nuova politica industriale
Accanto alle vertenze aperte, la Sardegna ha bisogno di guardare oltre l’emergenza. Serve una nuova politica industriale che punti su settori capaci di creare lavoro di qualità e filiere innovative:
• la nautica, collegata alla cantieristica e al turismo di alto livello;
• l’economia circolare, per trasformare rifiuti e scarti in risorse, rafforzando la sostenibilità ambientale e industriale;
• i data center e le infrastrutture digitali, valorizzando la posizione geografica e la disponibilità di energia rinnovabile;
• la manifattura avanzata, con tecnologie pulite e produzioni ad alto valore aggiunto.
Questi settori possono diventare i pilastri di una nuova stagione di sviluppo, se sostenuti da investimenti mirati e da politiche pubbliche coerenti.
Energia: mix e programmazione
Il DPCM energia deve finalmente vedere la luce, dando alla Sardegna un quadro stabile per affrontare la transizione. Il gas naturale rimane una fonte indispensabile di accompagnamento, mentre le rinnovabili devono crescere in modo ordinato, sostenute da reti più forti, accumuli diffusi e programmazione di lungo periodo. L’isola non può rischiare di trovarsi costretta a spegnere le rinnovabili per mancanza di infrastrutture. Serve un mix equilibrato di fonti, che garantisca prezzi sostenibili, continuità produttiva e sicurezza di approvvigionamento.
Un patto unitario
Per questo la CISL rilancia la proposta di un patto unitario che tenga insieme energia, industria e lavoro. Un progetto complessivo che superi frammentazioni e ritardi, dando finalmente alla Sardegna stabilità e prospettive durature.
Il lavoro, la qualità dello sviluppo e la coesione sociale devono diventare le priorità della politica e delle istituzioni.
L’autunno sarà la stagione delle scelte: o si costruisce una visione condivisa, o l’isola resterà intrappolata nelle emergenze. La Sardegna ha risorse e potenzialità straordinarie, ma servono responsabilità, coraggio e chiarezza.
È il momento di dare risposte vere a imprese e lavoratori. Perché la Sardegna non può più aspettare.