Lunedì, 20 ottobre 2025 17:30:51
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Intervento di Pier Luigi Ledda – Segretario generale CISL Sardegna

Alla ripresa autunnale, la Sardegna sarà chiamata a decisioni cruciali. Il tema dell’energia, con l’atteso DPCM energia e il ruolo del gas metano come fonte di transizione, si intreccia con il futuro dell’industria isolana. Sono due facce della stessa medaglia: senza una politica industriale chiara, la transizione energetica non avrà basi solide; senza un sistema energetico sicuro e sostenibile, l’industria non potrà ripartire.

Industria: servono certezze

Le proroghe alle centrali a carbone di Fiume Santo e Portovesme hanno evitato un vuoto energetico insostenibile. Ma non possono essere considerate soluzioni definitive. La Sardegna ha bisogno di una roadmap precisa: tempi della transizione, ruolo delle imprese locali, garanzie occupazionali. Continuare a gestire emergenze senza un disegno complessivo significa rinunciare a costruire futuro.

Sul tavolo restano troppe incognite:

• Portovesme Srl: ipotesi di nuovi investitori, ma nessun piano industriale concreto.
• Sider Alloys: incertezza tra proprietà attuale e possibili nuovi soggetti, ancora senza credibilità.
• Chimica verde a Porto Torres: annunci e prime risorse, ma assenza di progetti vincolanti.
• Euroallumina: si attende il via libera al DPCM e lo sblocco dei beni congelati, ma la ripartenza produttiva è ancora un punto interrogativo.
La Sardegna non può più vivere di annunci. È urgente sapere chi investe, con quali risorse, in quali tempi e con quali ricadute sul lavoro.

Gli incontri a Roma

Da settembre si aprirà una nuova fase di confronto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Sarà il momento di verità: non più tavoli interlocutori senza esiti, ma un passaggio che deve produrre impegni vincolanti da parte di governo e aziende.

La CISL chiede che la Regione non si presenti isolata o divisa, ma che vi sia una linea comune con governo e parti sociali. Solo così sarà possibile affrontare con efficacia i nodi che bloccano il futuro industriale dell’isola.

Una nuova politica industriale

Accanto alle vertenze aperte, la Sardegna ha bisogno di guardare oltre l’emergenza. Serve una nuova politica industriale che punti su settori capaci di creare lavoro di qualità e filiere innovative:

• la nautica, collegata alla cantieristica e al turismo di alto livello;
• l’economia circolare, per trasformare rifiuti e scarti in risorse, rafforzando la sostenibilità ambientale e industriale;
• i data center e le infrastrutture digitali, valorizzando la posizione geografica e la disponibilità di energia rinnovabile;
• la manifattura avanzata, con tecnologie pulite e produzioni ad alto valore aggiunto.
Questi settori possono diventare i pilastri di una nuova stagione di sviluppo, se sostenuti da investimenti mirati e da politiche pubbliche coerenti.

Energia: mix e programmazione

Il DPCM energia deve finalmente vedere la luce, dando alla Sardegna un quadro stabile per affrontare la transizione. Il gas naturale rimane una fonte indispensabile di accompagnamento, mentre le rinnovabili devono crescere in modo ordinato, sostenute da reti più forti, accumuli diffusi e programmazione di lungo periodo. L’isola non può rischiare di trovarsi costretta a spegnere le rinnovabili per mancanza di infrastrutture. Serve un mix equilibrato di fonti, che garantisca prezzi sostenibili, continuità produttiva e sicurezza di approvvigionamento.

Un patto unitario

Per questo la CISL rilancia la proposta di un patto unitario che tenga insieme energia, industria e lavoro. Un progetto complessivo che superi frammentazioni e ritardi, dando finalmente alla Sardegna stabilità e prospettive durature.

Il lavoro, la qualità dello sviluppo e la coesione sociale devono diventare le priorità della politica e delle istituzioni.

L’autunno sarà la stagione delle scelte: o si costruisce una visione condivisa, o l’isola resterà intrappolata nelle emergenze. La Sardegna ha risorse e potenzialità straordinarie, ma servono responsabilità, coraggio e chiarezza.

È il momento di dare risposte vere a imprese e lavoratori. Perché la Sardegna non può più aspettare.

Il Segretario Generale della Cisl Sarda Pier Luigi Ledda e la Segretaria Generale della FIT Cisl Sardegna Claudia Camedda, intervengono sulle importanti novità relative alla continuità territoriale da e per la Sardegna .
“La Cisl Sardegna e la Fit Cisl accolgono con favore l’approvazione dello schema definitivo di imposizione degli oneri di servizio pubblico per la nuova continuità territoriale aerea. Si tratta di un passaggio atteso e necessario, che può finalmente dare ai cittadini sardi e al mondo del lavoro risposte concrete su un tema cruciale come il diritto alla mobilità. Le novita introdotte – incremento delle frequenze, articolazione più equilibrata degli orari, tariffe ridotte e nuove agevolazioni – vanno nella direzione giusta e rappresentano un passo avanti rispetto al passato. Per i lavoratori pendolari, per i giovani, per chi studia fuori e per chi deve spostarsi per motivi di salute o familiari, poter contare su collegamenti più stabili e accessibili significa meno disagi e più opportunità, non solo dalla Sardegna ma anche per la Sardegna. Positiva anche l’attenzione riservata a nuove categorie di utenti, compresi i lavoratori non residenti che si spostano per motivi professionali e i cittadini con legami familiari nell’isola. È un segnale di inclusione che riconosce la specificitàà dell’insularità e i bisogni reali delle persone.
La Cisl e la Fit Cisl ribadiscono tuttavia che il vero banco di prova sarà l’attuazione: occorrerà garantire tempi rapidi, procedure trasparenti e soprattutto un sistema che assicuri continuità e qualità del servizio per tutta la durata del regime. Allo stesso tempo chiediamo che il confronto con le parti sociali resti aperto e costante, perché solo attraverso la partecipazione si possono intercettare e correggere eventuali criticità. Per la Sardegna la continuità territoriale non è un privilegio, ma un diritto. La nuova impostazione va nella direzione di un modello più equo, ma vigileremo affinché i risultati promessi si traducano in fatti concreti e duraturi.
Ora si apra una fase di potenziamento degli aeroporti come attrattori di flussi e di pianificazione e realizzazione dei collegamenti tra aeroporti, porti e comunità. Solo così la mobilità potrà diventare davvero il motore di sviluppo, inclusione e crescita per tutta l’isola”.
Intervento integrale di Pier Luigi Ledda, Segretario Generale CISL Sardegna pubblicato oggi sul quotidiano l’Unione Sarda.

Ogni numero racconta una storia di dolore. Dietro le statistiche sugli infortuni ci sono volti, famiglie, comunità che piangono i loro cari. In Sardegna, nel 2024, l’incidenza degli infortuni mortali ha raggiunto 46,8 ogni milione di occupati, con un incremento del 50% rispetto all’anno precedente e ben oltre la media nazionale di 34,1. Un primato drammatico che colloca la nostra regione tra le più pericolose d’Italia per chi lavora.
Questi dati, elaborati dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering su fonti INAIL, segnalano che la sicurezza resta un’emergenza strutturale. E purtroppo il 2025 non ha invertito la rotta: nei primi sei mesi dell’anno, in Italia, si contano già 502 morti sul lavoro (+7% sul 2024), di cui 357 in occasione di lavoro, con un forte aumento anche nei casi in itinere. L’indice di incidenza medio nazionale resta alto, a 15,1 morti ogni milione di occupati, confermando che la piaga continua a colpire.
La Sardegna paga un prezzo altissimo. Settori come edilizia, agricoltura, trasporti e logistica sono i più colpiti, complice la precarietà, la scarsa formazione e la carenza di controlli. Ancor più vulnerabili risultano gli over 65, i giovani neoassunti e i lavoratori stranieri, che, secondo INAIL, subiscono un’incidenza doppia rispetto agli italiani.
La sicurezza non è un costo: è un investimento sul futuro, un diritto e un valore civico. È per questo che la CISL ha lanciato la campagna nazionale “Fermiamo la scia di sangue”, con un manifesto in dieci punti programmatici che chiede un cambio di rotta radicale. Tra le proposte: un Patto di responsabilità tra parti sociali, imprese e istituzioni; l’introduzione di un sistema di qualificazione delle imprese; la riforma della formazione obbligatoria; il potenziamento degli organi ispettivi; la valorizzazione della rappresentanza sindacale per la sicurezza; e l’eliminazione delle franchigie INAIL a favore di più investimenti in prevenzione, innovazione e ricerca.
Questo disegno nazionale trova nella Sardegna un terreno di applicazione concreta attraverso il Patto di Buggerru, siglato da CGIL, CISL e UIL insieme alla Presidente della Regione Alessandra Todde. Un documento che non è solo un accordo, ma un impegno politico e sociale dal forte valore simbolico: nasce a Buggerru, teatro dello sciopero del 1904, quando i minatori insorsero contro condizioni di lavoro disumane, scrivendo una pagina fondamentale della storia del movimento operaio italiano.
Oggi, quel luogo di memoria diventa il punto di partenza per una nuova stagione di dignità del lavoro. Il Patto di Buggerru propone una visione moderna: la sicurezza non come optional, ma come diritto universale e condizione necessaria di sviluppo economico e sociale. È un impegno a rafforzare la formazione obbligatoria, a garantire più ispettori nei cantieri e nei campi, a introdurre incentivi all’innovazione tecnologica per la prevenzione, e soprattutto a potenziare gli SPRESAL (Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro delle ASL), che rappresentano il presidio sanitario e ispettivo più vicino ai luoghi di lavoro.
La nostra richiesta è chiara: la prossima legge di bilancio della Regione deve prevedere gli stanziamenti necessari a rendere operativi i contenuti del Patto di Buggerru. Non bastano parole o solenni dichiarazioni: senza risorse dedicate, il Patto rischia di restare una promessa incompiuta. Servono finanziamenti certi per la formazione, per l’aumento dei controlli, per il potenziamento degli SPRESAL e per i programmi rivolti ai settori a più alto rischio.
Ogni morte sul lavoro è una sconfitta collettiva. La Sardegna, terra di fatica e dignità, ha il dovere di guidare un cambiamento che metta la persona al centro. Tornare a casa dal lavoro, la sera, dai propri affetti, non deve essere una speranza, ma un diritto garantito a tutti.
La Sardegna si conferma tra le regioni italiane con maggiore criticità in tema di sicurezza sul lavoro: secondo l’ultimo Report annuale sugli Infortuni sul Lavoro dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering (aggiornato al 31 dicembre 2024), l’Isola registra un’incidenza di 46,8 infortuni mortali ogni milione di occupati, in netto aumento rispetto al 2023 (31,2) e superiore del 25% alla media nazionale (34,1).

Una tendenza che preoccupa la Cisl Sardegna, secondo cui “l’impennata degli infortuni mortali in Sardegna nel 2024 è un campanello d’allarme che non possiamo ignorare. Ogni morte sul lavoro è una sconfitta collettiva”, commenta il segretario generale Pier Luigi Ledda.

SARDEGNA IN ZONA ROSSA

La crescita degli incidenti sul lavoro colloca la Sardegna in zona rossa, ovvero tra le regioni con rischio infortunistico più alto, insieme a Basilicata, Valle d’Aosta, Umbria, Trentino-Alto Adige, Campania e Sicilia. “L’aumento dell’ultimo anno – sottolinea il segretario della Cisl sarda – segna un +50% rispetto al 2023, riportando la Sardegna tra i territori a maggiore rischio del Paese, un dato che trova purtroppo conferma anche nelle rilevazioni del primo semestre 2025, che continuano a registrare livelli molto alti di mortalità sul lavoro.”

PATTO DI BUGGERRU

“Per questo – prosegue Ledda – chiediamo con forza che venga data attuazione immediata e completa al Patto di Buggerru, che non deve restare solo un documento simbolico, ma tradursi in scelte politiche concrete. La prossima legge di bilancio deve stanziare risorse adeguate per rafforzare la formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, aumentare i controlli ispettivi nei settori a rischio come edilizia, trasporti e agricoltura, sostenere programmi di innovazione e digitalizzazione della sicurezza, garantire una maggiore tutela per i lavoratori più fragili, dagli over 65 ai giovani neoassunti, fino agli stranieri.

Solo con un impegno reale e condiviso – conclude il leader della Cisl – potremo restituire dignità al lavoro e speranza alle famiglie sarde. La sicurezza non è un costo: è un investimento per il futuro della Sardegna”.
Un passo storico per la sanità sarda: dopo anni di assenza di una visione condivisa, l’accordo tra Regione e organizzazioni sindacali rappresenta una svolta attesa”. Così il segretario generale della Cisl, Pier Luigi Ledda. “Il documento – spiega – accoglie gran parte delle proposte avanzate unitariamente dalle tre sigle sindacali, ponendo basi solide per affrontare le criticità del Servizio Sanitario Regionale (SSR) e trasformare il confronto in azioni concrete e risultati reali per lavoratori e cittadini”. L’intesa firmata oggi “affronta le emergenze e le prospettive del sistema,ricompone questioni irrisolte dentro un quadro unitario, riconosce alle relazioni sindacali un ruolo centrale e strutturato”. Per la Cisl sarda il documento segna l’avvio di un metodo di lavoro strutturato, con obiettivi chiari e verificabili.
Tra i temi, messi al centro dopo un confronto durato mesi, il sindacato elenca il dialogo sociale e le relazioni sindacali forti, lo stato dell’arte sull’ultima riforma del SSR, il PNRR e i nuovi investimenti, la Rete ospedaliera e la medicina di prossimità, la cura della terza età e l’integrazione socio-sanitaria, l’accesso alle cure, la qualità dei servizi e il Cup, l’innovazione, la digitalizzazione, la telemedicina, il bed management, la medicina d’urgenza, la valorizzazione del lavoro, la formazione e gli organici, la sicurezza e il contrasto alla precarietà lavorativa.
“A settembre si aprirà un confronto per arrivare adun protocollo sul lavoro in appalto e ad un accordosulle relazioni sindacali per l’intero sistema regionale. La firma di oggi è un punto di partenza per la Cisl – conclude Ledda -, monitoreremo l’attuazione degli obiettivi previsti dall’accordo e verificheremo che le promesse si traducano in miglioramenti reali per lavoratori e cittadini”.
“Ogni morte sul lavoro è una ferita che colpisce tutta la comunità. La sicurezza non può essere trattata come un costo o una formalità, ma come un diritto imprescindibile. Servono più controlli, più formazione e cantieri sicuri prima che l’attività abbia inizio. Nessun profitto giustifica il rischio di perdere una vita umana. La CISL fermare questa strage silenziosa è una priorità assoluta”.